franceschiniverona

Comitato di Verona per Franceschini Segretario del Partito democratico franceschiniverona@gmail.com

martedì 13 ottobre 2009

detrazione al 36% per spese di manutenzione



Risposte concrete alla crisi: una proposta di legge conveniente per le famiglie, salutare per l'economia ed equa con il fisco.

Incentivi alla manutenzione ordinaria di singole unità immobiliari e alla manutenzione straordinaria e ordinaria, alla riqualificazione energetica e alla sicurezza degli alloggi sociali

La proposta di legge preparata dall'on. Fogliardi, firmata anche dagli onorevoli Franceschini, Rubinato e Fiano, mira ad estende il beneficio della detrazione di imposta del 36% anche alle spese sostenute per interventi di manutenzione ordinaria: sia opere di riparazione, rinnovamento e sostituzione delle finiture degli edifici che interventi necessarie ad integrare o mantenere in efficienza gli impianti tecnologici esistenti.

Si propone di applicare la detrazione del 36% entro un limite di spesa annuo di 4.800 euro per abitazione con un iter poco burocratico, semplice e snello.

Più crescita economica e meno evasione fiscale


E’ un’opportunità sia per stimolare il mercato delle manutenzioni, grazie al rapido e agevole beneficio fiscale per il committente, sia per contrastare l’evasione fiscale.

Sarà possibile utilizzare la detrazione nei cinque o dieci anni successivi. Questo, oltre a ridurre il carico degli oneri per l’erario, viene incontro alle esigenze dei cosiddetti "incapienti" che non avrebbero un’imposizione fiscale tale da consentire un pieno utilizzo della detrazione.

Case popolari rinnovate ed efficienza energetica: cresce la qualità della vita, calano le bollette

La detrazione si applica anche alle spese sostenute per gli interventi effettuati sugli alloggi di edilizia residenziale pubblica (sino ad oggi ne erano esclusi).

Ai fini dell’imposta sul reddito delle persone fisiche, se le spese sono sostenute dal locatario, ai fini dell’imposta sul reddito delle società, se le spese sono sostenute dagli Istituti Autonomi Case Popolari. All’articolo 5 proponiamo anche di estendere agli alloggi di edilizia residenziale pubblica e alle loro pertinenze il beneficio della deduzione del 55% sulla riqualificazione energetica degli edifici.

Quartieri sicuri

Nella proposta di legge si mobilitano anche risorse per migliorare la sicurezza dei quartieri, disponendo contributi per installare recinzioni, grate di protezione, sistemi di illuminazione e dispositivi di videosorveglianza nei quartieri dove si trovano alloggi sociali, a protezione dei residenti.

Una proposta di legge virtuosa

L’onere che questa misura avrebbe sul bilancio statale può essere compensato dal flusso positivo per l’erario in termini di IVA e di imposte dirette pagate dalle imprese che realizzano gli interventi e producono i materiali, che può essere stimato, in totale, pari a circa 500 milioni di euro.

martedì 6 ottobre 2009

L'Arena - Fassino: «Vogliamo un Pd aperto e plurale»


VERSO LE PRIMARIE. Il coordinatore della mozione ieri al Don Bosco
«Vogliamo un Pd aperto e plurale»
Fassino: «E Franceschini è il candidato che lo rappresenta»

Piero Fassino ieri sera al Don Bosco, alla sua sinistra Remo Zanella e Andrea Causin FOTO MARCHIORI
«Dario Franceschini rappresenta meglio degli altri candidati un Pd largo, aperto, plurale, capace di mescolare storie e culture del progressismo italiano. Per questo lo sostengo. Guai scegliere guardano al passato, guai far prevalere le appartenenze di un tempo rispetto al progetto di costruire una casa comune che vada oltre le storie di ciascuno di noi».
È così che Piero fassino, coordinatore nazionale della mozione Franceschini, sostiene la candidatura dell’attuale segretario del Pd alle primarie del 25 ottobre. Nella consultazione popolare Franceschini dovrà vedersela con l’outsider Ignazio Marino ma soprattutto con l’ex ministro Pierluigi Bersani, che alle consultazioni dei circoli appena concluse ha conquistato quasi tutte le regioni italiane. «Ma non ci si faccia ingannare dai risultati in percentuale», avverte fassino, che ieri sera ha parlato ai sostenitori veronesi di Franceschini nell’auditorium dell’istituto Don Bosco, accompagnato dal coordinatore provinciale Remo Zanella a dal candidato franceschiniano alla segreteria veneta, Andrea Causin. «Prendiamo il Veneto», è l’esempio di fassino. «Bersani è in vantaggio di 6-7 punti percentuali, ma in termini di voti assoluti la differenza è di soli 1.500. Per fare un altro esempio, in una città come Milano lo scarto è di appena 700 voti. E nelle consultazioni di circolo hanno votato gli iscritti - 450 mila persone, una grande dimostrazione di democrazia partecipata - mentre alle primarie è ipotizzabile che l’affluenza alle urne sarà 4-5 volte più alta. La partita è aperta».
È proprio sul popolo di elettori, sostenitori e simpatizzanti che Franceschini conta per rovesciare l’esito delle consultazioni di circolo. «E io credo», dice fassino, «che sei mesi, da tanto Franceschini è segretario, sia un periodo troppo limitato per considerare esaurita l’esperienza di un leader, anche se Dario ha dimostrato in questo periodo di saperlo fare, il leader. Inoltre non fa bene al Pd dare l’immagine di un partito che "macina" i suoi leader uno dopo l’altro...»
fassino riflette anche sulla recente disfatta della Spd tedesca e sulla crisi del centrosinistra europeo. «Il Pd», spiega, «è stato fatto esattamente perchè abbiamo avvertito la necessità per la cultura di centrosinistra di andare oltre il Novecento, di misurarsi con le novità di questa epoca, che non c’è dubbio proponga problematiche nuove, difficili da affrontare facendo riferimento a ieri. Il Pd anche su scala europea vuole dare un contributo a rinnovare la politica, la cultura e gli strumenti con cui le forze progressiste devino gestire la società di oggi».
E sempre a sostegno di Dario Franceschini, lunedì 5 ottobre, dalle 18, al Liston 12 in piazza Bra, il deputato Giuseppe Fioroni, responsabile educazione del Pd, interverrà nell'incontro «Un partito per il futuro: il programma dei Democratici per Franceschini». Introdurrà il deputato veronese Giampaolo Fogliardi.B.PI.

martedì 29 settembre 2009

Binetti...

«La Binetti dice che non puo votarmi per le mie posizioni su laicita e testamento biologico.Sorry:rispetto le sue idee ma non cambio le mie».
Franceschini su Twitter
http://twitter.com/dariofrance

giovedì 24 settembre 2009

Intervista di Dario Franceschini a L'Espresso



"Ovunque vada, l'applauso più forte lo ricevo quando parlo di laicità" spiega quasi stupito Dario Franceschini. Per forza, viene da rispondergli: per elettori stressati da mesi di interviste di Paola Binetti e non meglio precisate "posizioni prevalenti" è come il pane agli affamati. Il segretario uscente in corsa per le primarie, cattolico democratico, fa un passo in avanti: "Sul testamento biologico il Pd discuterà e deciderà: la posizione sarà una". Si fa coraggio e prova a dire la sua su pillola Ru486, ora di religione, gay e coppie di fatto.

Il popolo del Pd chiede più laicità ai dirigenti del partito: c'è carenza della materia?

"Abbiamo fatto la scelta di un grande partito con la consapevolezza che non sarebbe stato identitario, nascendo dall'incontro tra filoni culturali diversi. Un tempo ci saremmo divisi su altre questioni, oggi sono i temi eticamente sensibili ad appassionare. Pochi anni fa nessuno avrebbe saputo fare distinzione tra accanimento terapeutico, eutanasia, alimentazione forzata, oggi sono questioni di dibattito politico. E in futuro saremo sempre più costretti a confrontarci con queste scelte".

Il Pd su questi temi sembra diviso tra due strade: la spaccatura o il silenzio.

"Non è così. La tentazione di tutti, non solo nel Pd, è di sedersi sulla propria verità e di sbatterla in faccia agli altri. È un errore tragico: la nostra sfida è abbattere quel muro, sarebbe un contributo positivo che il Pd darebbe alla società italiana. Sulla cura delle malattie, la fine della vita, la libertà di ricerca, la libertà individuale i laici e i cattolici condividono le stesse speranze e le stesse paure. E noi dobbiamo muoverci secondo il rispetto della laicità dello Stato, previsto dalla Costituzione, accompagnato dal principio per cui nessun valore religioso può diventare automaticamente norma dello Stato, tanto più in una società ormai multireligiosa come la nostra. Il miglior baluardo della laicità è un partito come il nostro che fa la sintesi".

La può fare lei, cattolico, sottoposto anche come politico alle pressioni della Chiesa?

"Per i credenti a quei principi va aggiunto un altro: l'autonomia delle scelte politiche. La Chiesa ha diritto di intervenire, non si può applaudirla quando parla di pace o di immigrazione e negarle la parola quando dice cose scomode sui temi etici. Ma la Chiesa non può dire a un parlamentare come deve votare: è una scelta che appartiene all'autonomia del politico. Su questo punto rivendico una coerenza: la raccolta di firme tra i deputati cattolici dell'Ulivo sulla legge sui Dico è stata considerata da molti l'atto di nascita del Pd".

Caliamo i principi in terra. Sul biotestamento al Senato avete inventato la cosiddetta posizione prevalente per far convivere tutte le anime, alla Camera che farete?

"Discuteremo e decideremo. Fino a poco tempo fa su questi temi c'era solo la libertà di coscienza, in pratica significava che ognuno votava come voleva. La posizione prevalente è stata il superamento di quella linea. Ora i tempi sono maturi per un passo ulteriore: il Pd deve discutere, poi però deve decidere. La posizione del partito è una. Poi si rispetterà chi, in coscienza, laico o cattolico che sia, non si sentirà di condividerla".

Sul punto chiave, il divieto di sospendere alimentazione e idratazione per il malato, il Pd come voterà?

"Sul caso di Eluana Englaro la cosa più bella l'ha detta il filosofo cattolico Giovanni Reale. La distinzione è tra farsi morire e lasciarsi morire. La prima è eutanasia, la seconda è la cosa più naturale nel senso comune, chiedere di essere portati a casa quando si è vicini alla fine. E in questo caso la scelta della sospensione delle cure non può che essere del diretto interessato o, in caso di sua impossibilità, di chi l'ha amato, i suoi parenti d'accordo con il medico. Non si può imporre con la forza alimentazione e idratazione come norme di legge. Lo Stato deve fermarsi fuori dalla camera di quella persona".



La deputata Paola Binetti la pensa in modo diverso: si mette fuori dal partito?

"Non è un modo di discutere. Rispetto chi non la pensa come me e chi ha una posizione diversa dal partito. Non si può dire "fuori" a chi ha un'altra idea".

Ma Francesco Rutelli e altri parlamentari che pure appoggiano la sua candidatura sono lontani da queste posizioni. Non è una contraddizione?

"Il Pd vive e ha motivo di esistere proprio perché al suo interno convivono diverse sensibilità. E se qualcuno mi sostiene nella corsa alla segreteria lo fa per la complessità delle proposte che avanzo, non solo su temi etici ma sulle alleanze, sull'idea di partito. Altrimenti cadiamo nello schema di fare un congresso solo sulla questione della laicità, sarebbe assurdo".

Ignazio Marino, il terzo candidato, ne ha fatto una bandiera, con buoni risultati...

"È un errore caratterizzarsi sulla vita e sulla morte come strumenti di battaglia congressuale. Significa rialzare quel muro che tutti dovremmo abbattere".

Nell'Inghilterra del Labour depenalizzano il suicidio assistito, in Spagna c'è la legge sull'aborto a 16 anni voluta dai socialisti, Obama dà il via libera alla ricerca sulle cellule staminali embrionali. Non le sembra che in questo campo il Pd sia fuori linea nella sinistra progressista mondiale?

"Sono temi delicati e diversi tra loro. Ritengo, per esempio, che il suicidio assistito sia una forma di eutanasia cui opporsi senza esitazioni...".

Molti elettori del Pd, però, sospirano: perché da noi non c'è Zapatero?

"Chi aderisce al Pd condivide la consapevolezza che questioni come queste non possono più essere confinate in un angolo dell'agenda politica e accetta il confronto. Di una cosa sono convinto: l'individualismo sfrenato è l'opposto del progressismo. In Italia l'incontro tra i cattolici democratici e la sinistra riformista è avvenuto sul terreno della solidarietà, è il patrimonio del sentire comune della base del Pd. È questo che ci distingue dai disvalori della destra".Pillola abortiva Ru486, la destra chiede un'inchiesta del Parlamento: lei è favorevole o contrario? "C'è una legge sull'aborto che nessuno mette in discussione. Se c'è un modo meno invasivo per la donna di un intervento chirurgico perché opporsi? Bisogna certo evitare che essendo una pillola venga vissuta come un contraccettivo. Ma questo dipende dal modo di usarla".L'ora di religione: gli insegnanti di religione vanno esclusi dagli scrutini come prevede la sentenza del Tar? O ha fatto bene il ministro Gelmini a presentare ricorso?"È una materia che attiene ai rapporti tra Stato e Chiesa regolati da un Concordato. E fino a che esiste l'ora di religione va valutata come una materia uguale alle altre. Perché estraniare un docente dalla valutazione complessiva di uno studente?".

La deputata Pd Paola Concia ha denunciato l'assenza degli omosessuali nei dibattiti della festa del Pd. C'è spazio per la cultura gay nel Pd targato Franceschini?

"La lotta contro tutte le intolleranze è nel nostro Dna, ci mancherebbe altro che facessimo una discriminazione per genere o orientamento sessuale nel nostro partito".

Coppie di fatto: riprenderete la battaglia?

"In termini di contenuti, sì. Il riconoscimento dei diritti dei conviventi a ereditare, ad avere la titolarità di contratti di affitto, di curare il proprio convivente, non indebolisce affatto la famiglia fondata sul matrimonio. Sull'opportunità politica ho qualche dubbio: in questo Parlamento la destra ha la maggioranza, potrebbe essere un boomerang. Si parte per allargare i diritti e si rischia di restringerli".

La destra berlusconiana è ancora la capofila dei valori cattolici?

"La destra ha scelto spregiudicatamente di cavalcare i valori per qualche voto, salvo smentirli sul piano dei comportamenti personali e di dare una clavata in testa al direttore del quotidiano dei vescovi alla prima presa di distanza. È un altro inganno che sta per finire".

martedì 22 settembre 2009

Piero Fassino: "Perché sto con Dario"



Ho scelto di sostenere la riconferma di Dario Franceschini a Segretario nazionale del Partito Democratico.

L'ho fatto per più ragioni.

Intanto perché Franceschini è stato eletto soltanto nel febbraio scorso e sei mesi sono un tempo troppo breve per chiudere un'esperienza così complessa come la direzione politica di un grande partito. E non credo che accresca il credito del PD offrire l'immagine di un partito che rinnova e cambia i propri dirigenti troppo spesso.
Peraltro in questi pochi mesi Franceschini ha dimostrato di essere un dirigente capace di scegliere, decidere e agire.

Ha tenuto la barra dritta sulla laicità confermando il profilo chiaro di un credente laico, consapevole delle responsabilità che la politica ha nei confronti delle persone e delle loro scelte di vita. E mi piace ricordare che - nei mesi in cui si discuteva in Italia di coppie di fatto - Dario Franceschini fu tra i promotori di un'importante lettera sottoscritta da 60 parlamentari della Margherita con la quale, di fronte ad un appello della Conferenza episcopale italiana che chiedeva ai parlamentari credenti di uniformare il loro voto alle loro ragioni di fede, si rispose a chiare lettere che l'essere credente non può far venire meno per chi ricopra incarichi istituzionali, il dovere prioritario di essere fedeli alla Costituzione e alle leggi dello Stato.

Franceschini ha tenuto la barra dritta sulla collocazione europea condividendo la scelta di costruire in Europa un nuovo campo progressista fondato sull'alleanza al Parlamento europeo tra gli eletti del Partito Democratico e gli eletti socialisti e socialdemocratici. Scelta né facile, né scontata e che Franceschini ha praticato e vissuto con coerenza e lealtà.

E in una campagna elettorale difficile e in salita, Dario Franceschini ha impresso al nostro agire il profilo di una proposta concreta sui contenuti, sulle esigenze, sui bisogni dei cittadini. Lo ha fatto spendendosi con generosità, passione e stabilendo un rapporto di fiducia e di simpatia con l'elettorato. E ha ottenuto un risultato che, sia pure inferiore all'esito delle elezioni politiche del 2008, non era affatto scontato, alla vigilia del voto.

Ma c'è una ragione ancora più profonda per cui sostengo Franceschini e attiene al PD, al suo carattere di casa comune dei riformisti italiani. Il PD e prima l'Ulivo, lo abbiamo voluto plurale, fondato sull'incontro, la fusione, l'intreccio delle esperienze di donne e uomini provenienti da storie e culture diverse. Abbiamo voluto costruire un Partito che riconoscesse il valore delle differenze e, tenendo conto dell'apporto di ciascuno, fosse in grado di creare contaminazione culturale, pensiero nuovo, identità nuova. E pure in mezzo a difficoltà e limiti, abbiamo cominciato a costruire quel PD che oggi non può e non deve essere omologato a una sola delle culture originarie che lo hanno promosso.

E' un errore pensare che chi viene dai DS e chi viene dalla Margherita debba automaticamente scegliere un Segretario che venga dalla stessa esperienza. Dobbiamo, invece, scegliere un Segretario non guardando alle provenienze di origine, ma al progetto del Partito Democratico e alla sua identità di un partito che mescola, fonde e unisce culture e storie diverse in un progetto per l'Italia che vada oltre il passato e in cui tutti possiamo identificarci insieme.

E Franceschini è il Segretario che offre oggi le maggiori garanzie che il PD mantenga quel profilo largo, aperto e plurale che è essenziale per la funzione nazionale che deve assolvere e per raccogliere quel vasto consenso di milioni di elettori deciso per sfidare la destra e batterla.

Peraltro, proprio perché abbiamo scelto in Europa l'alleanza a Strasburgo con i socialisti - scelta in cui io ho creduto con convinzione - è opportuno e necessario che a gestire l'avvio di tale rapporto sia un Segretario che viene da un percorso diverso, garantendo così al PD quel profilo plurale che è la ragione stessa per cui noi abbiamo voluto e fondato il Partito Democratico.

Certo, la scelta che ho compiuto e che compirà chi mi accompagnerà in questo cammino, non è facile. D'altra parte non ho mai scelto nella mia vita per convenienza o per comodità, né mi sono mai chiesto se una decisione fosse facile, ma se fosse giusta. E sono convinto che sostenere Franceschini sia oggi la scelta giusta per l'Italia, giusta per il Partito Democratico e il suo futuro.

Piero Fassino

venerdì 18 settembre 2009

Sergio Zavoli e Michele Salvati esprimono il loro sostegno a Dario Franceschini




Zavoli: "Sostengo Franceschini per un partito riformista e aperto"

''Carissimo, poche righe per informarti che la mia scelta tra i candidati alla segreteria del Partito Democratico ricade sul tuo nome''.

Comincia cosi' la lettera che Sergio Zavoli ha inviato al segretario del Partito
Democratico Dario Franceschini per comunicargli l'adesione alla sua candidatura.

''Mi lega alla tua persona e all'esperienza politica che rappresenti, oltre alla qualita' civile, umana, intellettuale che essa esprime, una sostanziale discriminante: il riformismo, cioe' la piu' declamata e disattesa tra le promesse storiche del centro sinistra''.

Zavoli scrive di ''non voler venire meno a cio' in cui gran parte del Paese non ha mai smesso di sperare: una forza-partito che non smetta di porsi il problema di un centro sinistra da strutturare e far vivere sulla base di tre brevi e fondanti premesse: chi siamo, con chi stiamo, che cosa vogliamo''.

Zavoli conclude con l'augurio di ''realizzare finalmente il massimo di apertura e concordia, trasparenza e risolutezza'' con la convinzione che si " debba rispondere alle domande di un popolo che crede in cio' che la politica puo' fare e percio' stesso va fatto. Con un linguaggio coraggioso e semplice, perche' ognuno ascolta, diceva Goethe, solo cio' che capisce''.




Michele Salvati sceglie Franceschini

La scelta fra i tre candidati alla segreteria nazionale non è facile. Non è facile sulla base delle tre mozioni congressuali, in larga misura condivisibili e spesso sovrapponibili nella loro (inevitabile) genericità: data la natura di questi documenti, sottolineare frasi più o meno felici, affermazioni più o meno efficaci, reticenze o silenzi più o meno sapienti, è un modo di selezione poco affidabile. Un criterio migliore sarebbe quello di guardare alle storie dei dirigenti che si sono schierati per ognuno dei tre candidati: sono storie note, che raccontano di scelte (e non scelte) effettive e rivelano convinzioni e atteggiamenti più significativi di qualsiasi dichiarazione programmatica. Ma anche utilizzando questo criterio il giudizio continua a restare difficile. Come ricordiamo tutti, quasi l’intera nomenclatura dei due partiti costituenti si era schierata a suo tempo per Veltroni, anche quella parte che certamente non condivideva le idee da lui esposte al Lingotto, cosa che non poco ha contribuito alla confusione e alle incertezze successive.
Ora la nomenclatura si è divisa più nettamente di allora tra i due principali candidati, ma le linee di divisione non sono affatto chiare.
E’ una fortuna, ed è un successo del progetto PD, che la linea di divisione non sia più quella delle vecchie provenienze partitiche e neppure quella, ancor più insidiosa, tra credenti e non credenti (è priva di senso la contrapposizione tra laici e cattolici: un credente cattolico del nostro partito dovrebbe essere, ed è di solito, altrettanto laico di un non credente quando si tratta di distinguere tra la sfera della politica e delle istituzioni e quella delle convinzioni morali e religiose). Qual è allora la linea di demarcazione, quella che spiega perché Bindi e Letta stanno con Bersani, mentre Rutelli e Fassino stanno con Franceschini? E’ forse quella tra un atteggiamento di riformismo più liberale ed uno più socialdemocratico? In parte forse si, ma non quadra del tutto né con i nomi che abbiamo appena fatto, né con i testi delle mozioni. Calcoli di carriera, situazioni locali, legami contingenti, ragioni di opportunità le più varie confondono le acque, e poi una parte non piccola delle personalità più significative non si sono ancora schierate. E allora? Una qualche ragione deve pur esserci che spieghi schieramenti così insoliti, nonché le perplessità di tanti. A mio modo di vedere una ragione c’è, anche se certamente non è l’unica ed è offuscata da dichiarazioni tattiche dei candidati e dei loro principali sostenitori. Scusandomi con Marino –non è segno di scarsa considerazione- per ragioni di chiarezza mi limito ai due candidati che hanno maggiori probabilità di successo. E avverto che la nostra è una interpretazione, che probabilmente né Bersani, né Franceschini accetterebbero per intero.
“Diamo un senso a questa storia”, la storia del PD -afferma Bersani- dimenticando forse che Vasco Rossi aveva aggiunto: “perché un senso questa storia non ce l’ha”. Questa è una battuta, naturalmente, ma dei due candidati a me sembra che effettivamente Bersani sia quello che muove le critiche più radicali alle scelte operate nel recente passato. Non soltanto alla brevissima vicenda del PD –neppure due anni- ma all’intera storia che dall’Ulivo ha condotto al PD, e alle convinzioni sulle quali questo partito è stato costruito. Un partito di iscritti e di elettori. Aperto a primarie per la scelta dei candidati a cariche istituzionali, ma anche al coinvolgimento degli elettori nella scelta finale dei suoi dirigenti. Un partito che raccoglie, fonde e soprattutto adegua e rinnova tutte le grandi tradizioni riformistiche. E un partito grande, che si vuole misurare con un suo candidato Premier in un confronto bipolare. Vocazione maggioritaria non significa “correre da solo”, ma esprime una ambizione egemonica all’interno della coalizione, se questa è necessaria per vincere. Critiche alla segreteria Veltroni possono e debbono essere fatte. Ma la mozione originale di Bersani, la storia e molte dichiarazioni di suoi autorevoli sostenitori, significativi consensi da parte dell’UDC, hanno fatto sorgere in me la preoccupazione che le critiche non riguardino solo le discutibili scelte tattiche del recente passato, ma la stessa linea strategica, lo stesso impianto culturale sul quale il PD è stato costruito e che ho appena riassunto in modo sommario.
La mia preoccupazione è che il PD guidato da Bersani –per ora costretto in un contesto bipolare dalla legge elettorale voluta dal PDL- si rassegnerebbe più facilmente del PD di Franceschini a un mutamento di quel contesto, ed anzi lo favorirebbe se si presentasse l’occasione. In questo caso “il senso della storia” sarebbe un ritorno al proporzionale, dove un PD più nettamente “laico” e “di sinistra” lascia il compito di conquistare gli elettori più moderati a un rinnovato e irrobustito partito centrista, neo-democristiano, sperando che poi questo si allei con lui. Per carità, congettura più che legittima. E anche attraente e famigliare per quelli di noi che provengono da tradizioni riformistiche non cattoliche e che provano simpatia vera per la sinistra e i valori che rappresenta. Ci ritroveremmo “fra noi”, e probabilmente ci ricongiungeremmo a compagni che ci hanno lasciato per partiti più radicali, ma che ora dovrebbero aver appreso la lezione e tornare all’ovile. Insomma: basta con la fatica di mediare con le iniziative o le resistenze clericali che talora emergono nel riformismo cattolico! Basta con le auto-limitazioni che ci dobbiamo imporre per non spaventare, se non per attirare, elettori moderati. Similes cum similibus: agli elettori di centro ci pensi un partito di centro. Contenti noi, ancor più contenti Casini e Tabacci.
Ho un po’ colorito le mie preoccupazioni per renderle più evidenti. Per ora resto convinto che un PD guidato da Franceschini corra meno il rischio di un rovesciamento di strategia di un PD guidato da Bersani. E non auspico questo rovesciamento, perché sono anche convinto che –nonostante le difficoltà, gli errori e le sconfitte di questa prima fase- l’intuizione originaria del PD sia ancora feconda, più feconda della comprensibile nostalgia per il calduccio familiare dei vecchi partiti. E’ una intuizione ambiziosa e difficile, che sconta una profonda trasformazione della nostra società e la perdita di senso di molte categorie sulle quali si basavano le distinzioni tra la destra e la sinistra di un tempo, e tra i partiti che le impersonavano. La sinistra riformista, il centrosinistra, è in crisi in tutta Europa. In Italia ci aspetta un compito immenso, in cui tutte le energie culturali e morali di coloro che soffrono per le condizioni in cui Berlusconi ha ridotto il nostro paese devono essere riunite in un unico sforzo, in un unico grande partito. Berlusconi non è eterno, e il bipolarismo dopo Berlusconi sarà una cosa profondamente diversa da quello che è stato sinora. Perché gettare la spugna proprio adesso?
Michele Salvati

mercoledì 16 settembre 2009

Lettera di Franceschini agli iscritti



Care iscritte, cari iscritti,
in questi giorni si sta votando in tutti i circoli d’Italia. Mi rivolgo direttamente a voi perché conosco la vostra passione e il vostro attaccamento al partito. In ogni Festa, in ogni assemblea, in ognuno dei mille circoli di tutte le province italiane in cui sono andato da segretario, ho ascoltato le vostre speranze e ho capito le delusioni per quello che si poteva fare meglio e non è stato fatto.
Perché di certo abbiamo fatto errori ma ora dobbiamo rimboccarci le maniche e correggerli, andando però avanti nella nuova storia comune che abbiamo appena iniziato a vivere.
Il mio impegno è questo: non tornare indietro. Non tornare indietro rispetto alla scelta di un partito radicato nel territorio, con un Circolo in ogni comune e in ogni quartiere. Un partito aperto, che unisce la straordinaria forza dei nostri iscritti e dei nostri militanti alle energie di tanti elettori pronti a lavorare con loro per un progetto in cui credono. Non tornare indietro rispetto all’idea di un partito ricco di diversità come tutti i grandi partiti nel mondo. Abbiamo scelto noi di chiudere una lunga stagione di divisioni per far nascere il Pd, la casa di tutti i progressisti: laici, cattolici, di sinistra, ambientalisti, liberal, socialisti. E così deve restare il Pd: il partito in cui quelle diversità sono la ricchezza che permette di costruire la sintesi e la linea comune. Per questo sono orgoglioso che a sostenere la mia candidatura vi sia tutta questa varietà di storie. Per questo sono orgoglioso che il Coordinatore della mia mozione congressuale sia Piero Fassino.
Per questo mi si è aperto il cuore quando alla fine di agosto un vecchio signore ha attraversato la folla che riempiva la piazza, mi ha abbracciato e mi ha detto: ”Sono l’ultimo segretario del Partito Comunista di Gallipoli ma voterò per te, perché non mi interessa da dove vieni ma dove vuoi andare”. Questo è il Pd che abbiamo sognato e che ora dobbiamo costruire: un luogo in cui ognuno ha portato l’orgoglio della propria storia precedente ma in cui si sta insieme per il futuro che si vuole costruire, per l’idea di Italia che abbiamo.
Come sapete, quando 6 mesi fa tutti mi hanno chiesto di fare il Segretario del Pd, in un momento molto difficile, avevo detto che il mio lavoro sarebbe finito in ottobre. Poi ho riflettuto molto su quelle parole di Berlusconi appena sono stato eletto: “Ecco l’ottavo leader del centrosinistra. Tra un po’ ci sarà il nono”. Ho masticato amaro quel giorno perché ho pensato che purtroppo non aveva torto: in quindici anni di là c’è stato sempre lui, di qua tutti i leader che si sono susseguiti sono stati più ostacolati dal fuoco amico che da quello avversario.
Allora mi sono detto: questa volta a decidere se devo smettere o se dopo sei mesi devo continuare a fare il Segretario del Pd, non saranno quattro o cinque capi chiusi in una stanza ma saranno gli iscritti e gli elettori del Pd. Ecco, solo questo vi chiedo: quando voterete nei Circoli e poi alle Primarie del 25 ottobre, tra noi candidati scegliete chi vi convince di più, chi immaginate potrà fare meglio l’opposizione e preparare le future vittorie, ma scegliete liberi.
E’ troppo importante la scelta per seguire l’indicazione di qualcuno che conta o per restare legati alle antiche appartenenze.
Seguite solo la vostra coscienza, fate come quel vecchio segretario del Pci: scegliete uno di noi, ma non per la storia da cui proviene ma per quella futura che propone al partito e al Paese.
Se farete così, chiunque vinca avrà vinto tutto il Pd.

Dario Franceschini
Segretario Nazionale del Partito Democratico
DARIO FRANCESCHINI Segretario Nazionale del Partito Democratico

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